Archivi categoria: Malattie organiche

La scoperta del giardino della mente


La guarigione, comunque la si intenda, non è qualcosa cui si possa arrivare da soli. Nel mio caso giocarono un ruolo fondamentale tutte le persone che avevo attorno. Avevo assolutamente bisogno di essere trattata come se non vi fosse alcun dubbio che sarei guarita completamente. Che vi volessero tre mesi, due anni, vent’anni o una vita intera, era necessario che chi mi circondava avesse fiducia nella mia capacità di continuare ad imparare e progredire fino alla guarigione“.

Jill Bolte Taylor è una neuroanatomista, colpita da ictus cerebrale nel dicembre 1996 all’età di trentasette anni, esperienza “illuminante” che decide di raccontare in un libro. “Nel giardino della mente”(2006- ediz.Mondadori), è il racconto di una progressiva guarigione che mostra la straordinaria plasticità del cervello e alla quale contribuisce, in maniera determianante, l’affetto e le cure della madre che, pazientemente e consapevolmente, affianca Jill nel recupero delle funzioni perdute.

L’ictus è la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, e rappresenta la principale causa d’invalidità e la seconda di demenza. I deficit cognitivi e motori conseguenti all’ictus comportano, oltre che un certo grado di disabilità nel paziente, anche dei rilevanti cambiamenti nelle relazioni familiari, considerando le disabilità e la perdita d’autonomia provocate malattia e la permanenza a casa dei pazienti durante la convalescenza. La persona colpita da ictus e chi se ne prende cura (caregiver) sono i protagonisti del processo di riabilitazione, il cui esito dipende, non solo dal grado di compromissione dei tessuti cerebrali, ma anche dal tipo di interazione che si instaura tra paziente e caregiver.

Una ricerca della Technische Universitaet di Berlino (Barskova T., Wilz G., 2007 in “Disability and Rehabilitation,  29(19):1481-1491) ha studiato l’esistenza di relazioni causali tra il grado di adattamento del caregiver ai cambiamenti provocati dall’ictus, la sua salute e la sua qualità di vita, e l’esito del processo riabilitativo del paziente cerebroleso. Le 151 coppie (paziente-caregiver) del campione sono state sottoposte a due misurazioni delle variabili studiate, una dopo due mesi e mezzo dall’ictus e l’altra a distanza di un anno. I risultati della ricerca evidenziano come la scarsa autonomia del paziente nello svolgimento delle attività quotidiane (es: lavarsi, vestirsi, etc) e quindi la maggior dipendenza dalle cure altrui, siano fattori che possono favorire l’insorgenza di sintomi depressivi del caregiver, la cui vita sociale tende a ridursi sempre di più. Conseguentemente, la salute e la qualità di vita di coloro che si prendono cura dei familiari colpiti da ictus, vanno ad incidere sul recupero dei deficit cognitivi, motori ed emotivi del paziente, in particolare il grado di accettazione della situazione e l’assenza di sintomi psicosomatici sembrano essere i fattori più significativi.

Tutto ciò dimostra ancor più chiaramente quanto importante sia il contributo di una buona relazione di cura nel determinare i progressi nel corso della riabilitazione cognitiva e motoria del paziente. Meritano dunque attenzione  e vanno promossi tutti quegli interventi di sostegno psicologico, rivolti ai familiari delle persone colpite da ictus o da altre malattie organiche invalidanti, quali i gruppi di auto-aiuto, la psicoeducazione sulla malattia e le psicoterapie di sostegno. I diversi interventi dovrebbero essere finalizzati ad incrementare la comprensione e l’accettazione delle disabilità del familiare malato, in modo da favorire interazioni più consapevoli ed efficaci ai fini del processo riabilitativo.

Jill impiega quasi otto anni a riprendersi dall’ictus e nel racconto dettagliato della sua guarigione, sottolinea più volte e con chiarezza quali sono state le sue principali necessità nel percorso di cura: “ Avevo bisogno che le persone attorno a me mi incoraggiassero. Avevo bisogno di sapere di contare ancora qualcosa. Avevo bisogno di avere dei sogni da realizzare. Avevo bisogno di essere amata non per la persona che ero stata ma per quella che sarei potuta divenire“.

Il sito di Jill:   http://drjilltaylor.com/


Lascia un commento

Archiviato in Libri, Malattie organiche, Neuropsicologia